Life Tube
Life tube, forse la più cerebrale e al contempo viscerale (letteralmente) delle opere da mangiare, realizzata da Andrea Salvetti insieme allo chef Damiano Donati. Dalla “Crema di coniglio lesso all’olio di oliva prima leggermente frullato poi tritato fine con purè di patate e l’aggiunta di carotine a pezzetti con qualche goccia di succo di limone che sfuma in un nasello al piatto poi crudo di pesce bianco acciughe lische e rospi anzi rane”… ai “cipollotti in agro dolce che fondono al cioccolato quando entra in una pasta frolla agli erbi della tradizione riso uvetta cannella e zucchero di canna con ricotta allo scotch che bagna il buccellato all’aroma di caffè amaro” c’è tutta la vita di ciascuno di noi, in senso vero e proprio, cioè tutto il cibo che si può mangiare, dalle prime pappe dello svezzamento in poi. Ma ci sono anche gli ingredienti metaforici: i rospi da ingoiare, le suole di scarpa, i sassi che proprio non si digeriscono, i bocconi amari, oltre che i momenti di dolcezza, di forza, di energia, uno dietro l’altro, senza soluzione di continuità. Il tutto in un tubo, un life tube, un budello, appunto.
Ore e ore di lavoro hanno impiegato Salvetti e Donati per cuocere, marinare, tritare, battere al coltello, tagliare a julienne e inserire in budello naturale di suino tutti gli ingredienti della vita, e presentarli nella forma di un intestino aggrovigliato (anche i colori contribuiscono a ricordare delle interiora crude), come spesso intricata, sorprendente, altalenante, forte e cruda è l’esistenza. Il cibo di Life tube, ottimo al palato, sezione per sezione, risultava un pugno nello stomaco nella visione di insieme. Un bellissimo pugno nello stomaco che risponde alle aspettative dell’artista: “La riduzione a massa uniforme di sostanze molto diverse tra loro – spiega – è il tentativo di spostare l’attenzione sul concetto e non sull’aspetto. La vita è quel tubo che macina tutto e che condotta dall’inizio alla fine rappresenta il nostro passaggio in questo mondo, come se attraverso l’analisi di quel tubo si potessero capire le caratteristiche di un individuo. Volevo rappresentare la vita attraverso tutto ciò che nel suo corso si mangia. Quel tubo è ciò che noi siamo, rappresenta la bontà del nostro percorso, descrive le sfumature. E ogni intestino è diverso”.
Insomma, dell’aspetto non si cura. Perché non è la critica gastronomica che Salvetti vuole conquistare. Anche se poi ci riesce.
Da Cook_inc. 07 Testo di Eleonora Cozzella
Foto di Lido Vannucchi